lunedì 25 settembre 2017

Kyrgios e il resto del mondo

Ormai anche i sassi hanno capito che le maggiori difficoltà del Kyrgios tennista dipendono dalle scarse motivazioni: dei problemi che vengono spazzati via in due casi – due casi che non coinvolgono la quotidianità e che non ne miglioreranno mai gli allenamenti, quindi – e cioè lo scontro con un campione conclamato, eventualità in cui si sente chiamato in causa e desideroso di dimostrare il suo valore, nonché la sfida a squadre, che sia la Coppa Davis o la recente Laver Cup, circostanza in cui non gioca solo per sé stesso, ma anche per gli altri: e se deludere sé stessi nella sua mente è accettabile, deludere gli altri non lo è.

L'inchino cavalleresco prima di affrontare Federer

martedì 22 agosto 2017

Ci siamo?

Quasi. Forse. Non proprio. O meglio: speriamo di no. Kyrgios ha appena disputato, e perso, la sua prima finale in un Master 1000: a Cincinnati, contro Grigor Dimitrov, altresì detto Raffaellino del Colle, il manierista per eccellenza (Grigor, non Raffaellino). È stata la prima finale di questo tipo ad appannaggio di due tennisti nati negli anni '90, il che la dice lunga sulla qualità della generazione '90-'93. Nonostante l'immensa mole di talento in campo, non è stata una bella partita: Dimitrov è all'apice della propria carriera, non è mai stato così concentrato, così convinto e – soprattutto – così preparato dal punto di vista atletico. La differenza in questo senso è resa evidente dalla quantità di scambi lunghi vinti, con un imbarazzante quindici a uno a favore del bulgaro. Del resto Kyrgios non disputava sei partite di fila da tempo immemore; questa è appena la sua prima finale del 2017. In una carriera segnata dall'incostanza, nessuna stagione precedente lo era mai stata tanto quanto questa.

Ho perso, ma quanto sono buoni i gelati. 

giovedì 19 gennaio 2017

Paura e delirio a Melbourne

Ci risiamo, e la cosa sta quasi diventando scontata, tediosa per i suoi tifosi – sempre meno – e corroborante per i detrattori, numerosi e pieni di livore. A fine anno si sperava che Nick avesse rivisto le sue priorità, e gli intenti probabilmente c'erano anche (vista l'assunzione di un fitness trainer), ma se così è stato il processo non ha generato i risultati anelati. Anzi. Dopo la sconfitta contro Andreas Seppi, già killer di Federer in terra australiana, Kyrgios – pur non adducendoli come motivazioni principali della débâcle – ha lamentato problemi al fisico, in particolare al ginocchio, autoflagellandosi (una delle sue attività preferite) e sostenendo che la colpa è sua e soltanto sua, che nell'off-season non si è preparato abbastanza, che ha giocato troppo a basket invece di allenarsi, che la vita è fatta per imparare, che proverà a evitarlo in futuro. Tutti intenti ammirabili, peccato che già in passato siano stati prima esternati e poi disattesi. Un barlume nuovo di speranza ci è concesso dall'ammissione che, forse-forse, i giornalisti su un punto hanno ragione, e cioè che, ripetiamo forse-forse, Nick potrebbe aver bisogno di un allenatore, sebbene ribadisca subito che “in campo mi piace seguire il mio flusso”, qualsiasi cosa intenda. Insomma, guardandosi intorno per qualche minuto ha realizzato che probabilmente si tratta dell'unico ragazzo in top 200 a non avere un allenatore, e che assumerne uno potrebbe aiutarlo.

Una buona sintesi autobiografica del torneo.