lunedì 5 ottobre 2015

I dolori del giovane Kyrgios

Lui è fortemente convinto di essere un tennista migliore dell'anno scorso. Lo ripete quasi ad ogni intervista, del resto. Effettivamente il rovescio è più solido, il dritto interlocutorio più robusto, le volée meno improvvisate, lo smash meno falloso. Eppure io non credo che Kyrgios sia avanzato granché dallo scorso anno, anzi; se da un lato ha fatto dei piccoli (ma significativi) progressi tecnici, dall'altro non si è mosso affatto per quanto riguarda la costanza, alternando prestazioni eroiche ad altre inspiegabilmente insipide (il fatto che siano inspiegabili le seconde e non le prime è una visione ottimistica della cosa). Ma soprattutto è deflagrata, implosa e s'è sparsa in detriti la sua personalità. Nick Kyrgios è scoppiato. Letteralmente a pezzi. Se l'involucro e la tecnica sono leggermente avanzati, be', internamente c'è stato uno straziante big bang, e quei rottami ora viaggiano tutti all'interno del corpo del giovane australiano – in attesa di essere riattaccati. Non sarà facile.

L'espressione di Wawrinka quando ha scoperto che qualcuno aveva un blog su Kyrgios.




Lo straordinario giocatore ammirato contro Rafael Nadal sui prati londinesi non si è praticamente più visto. Non si più visto per la restante parte del 2014, né nel 2015; non si è visto nonostante i prestigiosi scalpi di Federer e Wawrinka, nonostante i quarti dagli Australian Open. Non si è visto perché quella concentrazione, quella voglia di vincere – sembra abbiano lasciato Kyrgios. O quantomeno, se non lo hanno lasciato del tutto, centrifugano assieme a tutti gli altri pezzettini, incapaci di emergere. Non è che Nick abbia disputato una brutta stagione, anzi; fuori dagli slam ha raggiunto la sua prima finale ATP (a Estoril, persa contro Gasquet), nei Master 1000 ha battuto Wawrinka e Federer, negli slam è stato eliminato solamente da giocatori più in alto in classifica, e per ben tre volte da quel campione (che-tanto-fastidio-gli-dà) di Andy Murray. A Wimbledon non ha confermato i quarti, ma è arrivato agli ottavi e ha battuto Raonic (col quale era uscito nel 2014). Le stesse partite con Murray sono andate via via migliorando, e agli US Open è riuscito anche a strappare un set. Tuttavia il debordante ego di Kyrgios, che potrebbe tanto aiutarlo, per ora lo sta massacrando; sta prendendo il sopravvento sulle sue doti tennistiche, sulla sua voglia di vincere e sul suo grande coraggio.

Dopo gli Australian Open, di gran lunga il miglior torneo giocato quest'anno, assistere ai match di Kyrgios è diventato come osservare il monologo di un folle – un folle che, ogni tanto, aziona il suo talento cristallino. Ma è come pescare casualmente da un mazzo di carte sperando di trovare l'asso – a volte succede, ma non è un modus operandi convincente; e Kyrgios non pesca la propria carta umorale una volta al giorno, la pesca circa venti volte all'interno della stessa partita. E solo raramente, questa è in assoluto la cosa più strana, i suoi cambiamenti sono causati dall'andamento dell'incontro. Basta vedere la faccia di Murray quando lo sfida: ha l'impressione di relazionarsi con uno psicopatico, una persona da non sollecitare in alcun modo perché potrebbe incendiare te, il campo e lo stadio dove c'è la tua famiglia; e Murray, lo preciso, rispetta Kyrgios e gli è affezionato, oltre a non essere lui stesso Mister Freddezza; pensate gli altri giocatori del circuito che approccio possano avere. In tanti hanno tirato fuori paragoni con McEnroe per via del temperamento di Kyrgios; lo stesso Genio non ha nascosto il suo debole per il ragazzone australiano, che sia per l'anarchia caratteriale o per la creatività tennistica; ma tra i due, per stessa ammissione di McEnroe, c'è una profonda differenza. John con le sue sfuriate si concentrava: era un modo di tenere assemblati i pezzi e, come diceva lui (più o meno), “non ho mai pensato di danneggiare il mio avversario comportandomi in quel modo... è una partita di tennis, e fa parte del suo compito restare calmo e non farsi innervosire”. Quindi quelle urla da un lato erano una via per concentrarsi – dall'altro un'arma con cui irretire il giocatore di fronte. Nonostante l'atto in sé possa apparire simile, almeno esteriormente, i melodrammi di Kyrgios hanno causa ed esito opposto: emergono per instabilità (e quindi lo deconcentrano) e tendenzialmente calmano e/o stimolano l'avversario, consapevole che il senno dell'altro, tanto per ariostare un po', ha preso il primo treno per la luna.

Chi può, chi ha il carattere, l'autorità e l'intelligenza, la forza e la resistenza, per ricucire i frammenti di Kyrgios? Esiste qualcuno che voglia (tanti) e possa (chissà) riuscirci?  

Nessun commento:

Posta un commento