domenica 3 marzo 2019

Nick, la torcida e la pera

Alzare uno strambo trofeo a forma di pera, con un sombrero in testa, è l'atto che conclude la miglior settimana tennistica di Nick Kyrgios. Una vittoria contro Nadal lo aveva presentato al mondo del tennis che conta, una vittoria contro Nadal lo resuscita, e dà qualche speranza al suo futuro sportivo. Una settimana come questa gli serviva proprio, perché Kyrgios aveva iniziato a perdere le speranze: il 2018, tolto il primo mese col trionfo a Brisbane e un buon Australian Open – in cui è stato fermato solamente da un grande Dimitrov, alla sua miglior partita stagionale – è stato un anno disastroso, segnato da eliminazioni precoci, partite svogliate, scarsi risultati e infortuni in sequenza (anca e gomito). L'eliminazione al primo turno degli Australian Open 2019, per mano di Raonic, sembrava aver definitivamente oscurato la stella di Kyrgios; e invece, ancora una volta, si è ritrovato quando tutto sembrava perduto. Tanti meriti vanno attribuiti ad Ashcon Rezazadeh, il britannico/iraniano coetaneo di Nick, ora suo preparatore, che da qualche mese – finalmente – è riuscito a farlo lavorare in palestra. E a motivarlo, perché è anche il suo mental coach. Tuttavia nemmeno lui, forse nemmeno i suoi parenti, e sicuramente nemmeno Nick stesso, avrebbe immaginato che, entrando ad Acapulco da numero 72 del mondo (peggior classifica da Wimbledon 2014), sarebbe uscito vincitore dal torneo.

Nick Kyrgios col suo quinto trofeo ATP, il più importante finora: sì, una pera.


Kyrgios si è presentato sorprendentemente voglioso e in forma contro Seppi, vincendo il primo set con doppio break 6-3, issandosi 4-1 nel secondo. Da lì, al solito, ha iniziato a parlare da solo, a non mettere più prime di servizio, a sbagliare e claudicare per il campo. Tutto ciò fino al 5 pari, quando Seppi sembrava ormai in grado di girare la partita; ed è probabile che, andando al terzo, avrebbe poi vinto il match. Tuttavia Nick è riuscito a ritrovare la concentrazione, ha giocato un grande game di risposta, e ha chiuso l'incontro 7-5. Nella conferenza post partita un giornalista gli ha chiesto come mai fosse entrato così concentrato contro Seppi (e già la domanda esplicita personaggio e contesto), Kyrgios ha risposto che aveva notato Nadal nel tabellone. La partita successiva, di notte, sul centrale, giocata con delle fasciature sotto entrambe le ginocchia, è quella che – potenzialmente – potrebbe girare la stagione dell'australiano. Il primo set è stato a senso unico, con un prevedibile dominio iberico, con Nick stordito e con sintomi associabili al post-sbornia tra primo e secondo set, in cui ha chiesto il primo (dei tanti) medical time out. Per qualche strano miracolo, e attraverso erculei servizi, è riuscito a non perdere mai la battuta, a raggiungere il tie-break, e a vincerlo senza troppe difficoltà. Nel frattempo Nadal si stava innervosendo sempre di più, e il pubblico era sempre più schierato dalla sua parte, sempre pronto a fischiare Kyrgios e i suoi atteggiamenti ritenuti provocatori. Kyrgios e Nadal sono persone agli antipodi: per creatività e serietà, soprattutto. Kyrgios odia la terra rossa, perché “quello non è tennis” e “mi si sporcano le scarpe”. Kyrgios batte velocissimo, Nadal si spulcia prima di ogni punto, si sistema i calzoncini, le mutande, ha il suo rito seriale da ossessivo compulsivo prima di ogni-singolo-servizio. Tutto ciò, assieme alle pazzie di Kyrgios, alle sue palle corte, alle sue bordate, ai suoi medical time out, al tentato servizio dal basso (irriverente ma tatticamente sensato), ha portato Rafa ai limiti della tolleranza. Va detto tuttavia che, in termini di regolamento, la ragione sta dalla parte dell'australiano: è chi riceve a doversi adattare a chi batte, non il contrario, e se Nick non può lamentarsi dei tic di Nadal, Nadal non può lamentarsi della velocità di Kyrgios. Cosa che invece ha fatto, e spesso ha avuto l'appoggio dell'arbitro, che ha annullato alcuni servizi vincenti perché lo spagnolo non era pronto. Ma torniamo alla partita: anche al terzo set si arriva al tie-break. Il pubblico è schieratissimo, vuole la testa di Kyrgios, il clima è più da Bombonera che da Wimbledon: miracoli sudamericani. Nadal va 6-3: tre match point consecutivi. Quello che succede da qui in poi appartiene più al regno della follia che a quello del tennis, e a Nadal follia e imprevedibilità non piacciono affatto. Kyrgios va 6-4 con una meravigliosa palla corta eseguita saltando. Poi realizza un ace. Che però viene annullato, perché Nadal non era pronto a ricevere. Kyrgios litiga con l'arbitro, il pubblico ulula, Nadal fissa la scena immaginandosi Minosse. Si ribatte la prima: rete. Kyrgios, cosa che personalmente non avevo mai visto, cambia racchetta tra prima e seconda: se avessero dei pomodori, dalla tribuna li lancerebbero volentieri. Nick mette in campo la pallina, Nadal grugnisce e ribatte, l'australiano scende a rete, Rafa passa, Nick esegue una volée di rovescio che bacia il nastro e finisce sulla riga. 6-5. Nadal ha il primo match point sul proprio servizio, ma Kyrgios riesce a rispondere, anche Rafa prende il nastro, Nick scende a rete e tira una bordata verso l'angolo del maiorchino, che per qualche centrimetro non riesce a colpire la linea. Sul 6-6, snervato, stordito e incredulo, col pubblico così concentrato a fischiare Kyrgios da destabilizzare il proprio prediletto, Nadal concede un doppio fallo. Match point Kyrgios. Un buon servizio, seguito da un grande dritto: Rafa ci arriva ma non tiene la palla in campo. L'esultanza è smodata e selvaggia, tanto da generare epifanie mcenroeniane; tra fischi assordanti Rafa stringe appena la mano del rivale, rifiuta l'abbraccio, Kyrgios gira su stesso a 360° mostrando le orecchie al pubblico. Nel post-partita le polemiche non finiscono, Nadal dice che “non ha rispetto per l'avversario, né per il pubblico, né per sé stesso”. Kyrgios si limita a rispondere che “non mi conosce, non sa il mio percorso, io ho il mio gioco e lui il suo”. Su Instagram ribadisce il concetto, aggiunge che quando vede Nadal “sente l'odore del sangue”, correda il testo con le icone di un fantasma e di una siringa - la cui interpretazione lascio volentieri a voi.

I fischi dello stadio, il dissenso, piuttosto che dissuaderlo, esaltano Kyrgios, che il giorno dopo gioca una grande partita contro un altro plurivincitore slam, Stan Wawrinka (si, quello a cui aveva comunicato che un suo amico gli aveva bombato/sfondato la ragazza). Vince il primo set, perde ingenuamente il tie-break del secondo, e nel terzo, apparentemente più morto che vivo, tanto che Wawrinka gli chiede accertamenti sullo stato di salute, riesce a conquistare un break e a mantenerlo fino alla fine, a suon di servizi. Prima di vincere, mentre fa stretching sollevando la gamba dolente, trova il modo di urlare un potentissimo “FUCK YOU!” ai gentili, e fischianti, signori in tribuna. Ormai è guerra aperta, la semifinale si gioca col suo amico Isner. Kyrgios è cambiato rispetto ai primi turni; ha tolto le fasciature, è più sicuro di sé, alle genialità non alterna le abituali idiozie (tipo simulare la masturbazione in campo, con una bottiglietta d'acqua... fatto avvenuto al Queen's 2018 contro Cilic). Si dice esaltato di giocare contro Isner perché “contro di lui si corre poco”. Nel primo set si guadagna una palla break – cosa molto rara contro l'americano – e prima di rispondere, in seguito all'urlo di un tifoso messicano di Nadal, ancora avvelenato, Nick chiede a voce alta “dove sono finiti i tifosi di Nadal? Hey, dove siete? Avete già preso l'aereo per Indian Wells?”. Fischi, una corrida, ma Kyrgios ottiene il break e vince il primo set, per poi perdere il secondo, per poi raggiungere, senza troppa fatica, il tie-break del terzo. Non trasforma un primo match point, ne ha un secondo sull'8-7, servizio Isner. Risponde bene, poi attacca, l'americano replica con un gran rovescio ma Nick, sfoggiando il suo prodigioso talento, gioca un rovescio a due mani, di controbalzo, con la pallina tra i piedi: la sfera atterra appena al di là della rete, l'altissimo e sgraziato John non ci arriva. I due si abbracciano, la gente fischia, Kyrgios è in finale.

A questo punto Nick ha già battuto due top ten, due pluricampioni slam, ma per alzare il trofeo deve affrontare il numero tre del mondo, quello considerato da tutti l'erede al trono, Alexander Zverev, più giovane di lui di due anni (head to head prima della partita: tre vittorie a testa). Banale a dirsi ma efficace per spiegarsi, il secchione della classe contro il genietto svogliato. La partita è tesa, combattuta: da fondo Zverev è più solido, Kyrgios ha un servizio migliore, tuttavia non riesce a vincere agevolmente alcun turno di battuta. Nick comunque si mantiene sempre avanti, grazie all'utilizzo virtuoso delle palle corte: ne gioca tante, tantissime, la maggior parte delle quali vincenti. A fine match, quando il giornalista gli chiede se era un preciso piano tattico, lui risponde che “no, le faccio perché non ho voglia di scambiare, a volte va bene a volte va male” (boiate, ovviamente). Zverev soffre il carisma di Kyrgios, il match sembra possa andare dalla sua parte solo in un momento, quando a inizio secondo set recupera un break di svantaggio, tiene agevolmente il servizio, e si issa 15-40 nel game successivo. Nick annulla la prima palla break con un buon attacco, la seconda con una delle deliziose palle corte che hanno segnato l'incontro; un colpo che replica subito dopo per procurarsi il vantaggio, e infine tiene il servizio con una battuta vincente. Il game decisivo è quello successivo: quando Zverev tenta di combattere l'estro con l'estro, tutelato da un 40-0 a suo favore, Kyrgios lo punisce con un no-look e una volée vincente. Sembra un punto bello ma innocuo, invece l'australiano si porta sul 40 pari, si conquista una prima palla break – poi annullata - con un altro drop shot perfetto (e successivo pallonetto), una seconda con un grande rovescio a uscire in risposta, occasione che converte sfruttando l'unico grosso limite di Zverev, le volée: il tedesco tiene viva la pallina, ma il tocco è innocuo e a metà campo, Kyrgios lo passa senza troppi problemi. Il game susseguente è l'ultimo in cui Zverev ottiene palle break: dopo uno scivolone di Nick si erge 15-40. Ma da qui in poi sul servizio dell'australiano non si gioca quasi più: quattro grandi battute, e va 4-2. Sul 5-4, servendo per il match, avanti 30-15, Kyrgios regala un'ultima magia: tira una coraggiosa, folle seconda di servizio, talmente ricca di effetto da scavalcare Zverev (che è alto più di due metri). Il match point è, prevedibilmente, un servizio vincente. Questa vittoria messicana è la più importante della carriera di Kyrgios, perché lo rialza da un inabissamento che pareva irreversibile, perché nonostante valga “solamente” 500 punti, per la caratura degli avversari incontrati, è paragonabile a un Master 1000. È una vittoria che non risolve niente e non rivoluziona nulla. Zverev durante la premiazione fa notare che “ora è arrivato il momento in cui dovrei ringraziare il tuo team, ma ci sono solamente due persone, e non so nemmeno che lavoro facciano di preciso!”. Tutti ridono, Kyrgios compreso, che in fondo ama il suo personaggio, non a caso sottolinea che “d'ora in poi devo comportarmi meglio, essere più serio. Ho vinto, ma non ho nemmeno un allenatore, potrei iniziare da lì”. Poi, quando il commentatore gli chiede se intravede un futuro da top 10, lui ci tiene a precisare che “be', non faccio le cose come si dovrebbero fare, quattro ore prima di questa finale sono andato a fare Jet Ski (evoluzioni con le moto d'acqua), che immagino non sia il modo in cui si prepara a una partita così un top 10”. Questa vittoria tuttavia qualche merito lo ha. Prima di tutto restituisce al mondo del tennis un giocatore che sembrava stesse tramontando. In seconda istanza, e soprattutto, palesa quanto serva Kyrgios al suo sport (checché se ne legga in giro, anche le polemiche fanno bene, e di istrioni ne mancano da troppo tempo), e quanto sia eccezionale il suo talento: abbiamo assistito a una settimana di accelerazioni incredibili, servizi vincenti, palle corte, colpi di controbalzo, volée... litigi con pubblico e avversari. Dalla prossima settimana Kyrgios tornerà numero 33 del mondo, e nei prossimi tre mesi non ha praticamente punti da difendere. Non ha ancora ventiquattro anni: forse la stampa lo ha seppellito troppo presto. E anche avessero ragione loro, e qualche dubbio a riguardo esiste, comunque tra qualche anno potremo dire: ti ricordi quella settimana di Kyrgios?


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